Su Storytel, Michela Cescon legge “Cambiare l’acqua ai fiori”. La recensione

Ho ascoltato con Storytel il romanzo “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin.

Un libro uscito in Italia nel 2019, Edizioni e/o. Premiato nel 2018 del Prix Maison de la Presse, diventato un caso letterario e tra poco anche una serie tv.

Me l’ero perso anche perché nella versione cartacea si tratta di ben 480 pagine e durante l’anno non sopporto iniziare una storia e doverla interrompere a causa dei mille impegni che mi travolgono. Quindi, eccomi con le cuffie alle orecchie, ad ascoltare la voce di Michela Cescon per Emons.

Che io adori gli audiolibri è ormai noto, io stessa l’ho desiderato tanto per “Il diritto di sognare“. Ascoltare qualcuno che legge è come quella coccola infantile che mi regalava mia madre prima di dormire. 

La voce, in un audiolibro, è importantissima quanto la storia stessa…a volte anche di più. Chi legge sa dare la giusta interpretazione perché è l’anima stessa del personaggio, oltretutto, come in questo caso, se il romanzo è narrato in prima persona.

Michela Cescon, attrice notevole del nostro teatro e cinema, (nel 2004 con Primo amore di Matteo Garrone, ottiene la candidatura al David di Donatello per la migliore attrice protagonista) è la voce di Violette.

All’inizio, ammetto, ho faticato ad abituarmi al tono piuttosto cupo e senza grandi slanci, poi ho realizzato che un maggior pathos non sarebbe stato in linea con Violette Trenet.

La protagonista è infatti la guardiana del cimitero di Brancion-en-Chalon, un piccolo paesino della Borgogna e la sua vita, fin dal primo vagito, non può dirsi certo felice. Pertanto una voce allegra e spensierata che raccontasse la sua storia non sarebbe stata per nulla credibile.

Il romanzo non è semplice: al suo interno ci sono più storie che si intrecciano, a cui bisogna prestare particolare attenzione, anche per il passaggio continuo tra il tempo presente e quello passato.

C’è la quotidianità di Violette e il rapporto complicato con il marito, Philippe Toussaint, le sue personali vicende, i suoi fantasmi, i sensi di colpa e i suoi genitori.

Si racconta di Julien Seul che un giorno si presenta alla porta di Violette con la richiesta di posare l’urna con le ceneri della madre sulla tomba di un uomo, un noto avvocato di cui lui non conosce nulla e che, ovviamente, non è suo padre. Tra Violette e Julien nasce un legame capace di rafforzarsi nel tempo anche attraverso il diario che la madre di Julien, Irène Fayolle, ha lasciato (altra trama nella trama).

C’è l’amicizia con Celia, accolta da Violette in casa sua durante lo sciopero dei treni.

Infine, c’è la ricerca dei responsabili dell’incendio al Castello, quello che è costato alla vita della piccola Lèonine e altre tre bambine.

C’è la storia e l’incontro con Sasha che lascerà a Violette l’eredità affettiva e materiale della custodia del cimitero. 

C’è la cura. L’attenzione discreta e rispettosa che Violette fa dei segreti, delle emozioni e delle confessioni dei vivi, coloro che, fermandosi da lei, si concedono attimi di verità, necessitano di consolazione per la perdita dei loro cari e un luogo sicuro e nascosto per piangere e confessare i non detti. 

 

Una trama fitta, complessa, sapientemente tessuta, nonostante in alcuni punti mi sia sembrata particolarmente ripetitiva. 

L’incipit di “Cambiare l’acqua ai fiori”

Credo che i complimenti vadano fatti anche a  Alberto Bracci Testasecca che ha tradotto dal francese il romanzo: una scrittura non semplice quella della Perrin, per la ricerca delle metafore, il senso dello sconforto e quella capacità di raccontare la vita attraverso il dolore e la morte.

Il messaggio di “Cambiare l’acqua ai fiori” sta proprio nella capacità di rialzarsi, di scovare la bellezza in una vita terribile.

“È un lusso essere proprietari del proprio tempo”.

Ci si rialza, Violette lo sa fare, non solo per andare avanti, come si è soliti dire, ma perché l’infelicità non le si addice. Non ha più voglia di indossarla, soprattutto dopo aver vestito quei panni a lungo. Per questo la ritroviamo in abiti femminili eleganti e colorati sotto il cappotto scuro.

Per questo ama e coltiva la terra nel giardino privato di casa, dentro al cimitero:

“Se la vita è solo un passaggio, almeno su questo passaggio seminiamo fiori”.

Ho trovato i dialoghi meravigliosi: in alcuni punti si sorride, nonostante l’aria cupa che aleggia. Ho ascoltato frasi poetiche e altrettante più da Baci Perugina, seppure di grande effetto: “La cattiveria è come il letame: anche dopo che è stato rimosso, l’odore rimane nell’aria a lungo.”

Mi è piaciuto? Sì molto e sono felice di averlo ascoltato. Avrei snellito alcune parti che nella versione cartacea avrei letto velocemente e invece con la voce di Michela Cescon mi sono sembrate confessioni sussurrate al mio orecchio come ad una vecchia amica.

È un libro che resta, è una scrittura corposa quella di Valérie Perrin. 

Sopravvalutata? Non credo. Il romanzo è di valore, i personaggi sono ben caratterizzati e ti entrano nel profondo, non puoi dimenticarti di loro. Forse non parteggi per nessuno e desideri solo che Violette sia felice, ma lei non ha bisogno di noi.

“La mancanza, il dolore, l’impossibilità di sopportare possono far dire e sentire cose che vanno al di là dell’immaginazione. Quando qualcuno è andato, è andato, tranne che nella mente di chi rimane. E la mente di un unico uomo è ben più grande dell’universo.”

Siamo noi ad avere bisogno di lei.

 

Sarah Pellizzari Rabolini

Con i miei occhi, #libriepalcoscenico

 

 

CAMBIARE L’ACQUA AI FIORI

Edizioni e/o, luglio 2019, pp. 480, e-Book

ISBN: 9788833571478

Traduzione: Alberto Bracci Testasecca

Audiolibro Storytel letto da Michela Cescon per Emons.

 

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SARAH PELLIZZARI RABOLINI

Ho sempre scritto per quotidiani e webzine raccontando di libri, teatro e cinema: continuo a farlo qui, a modo mio, “Con i miei occhi”.